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Il contenuto della scheda proviene integralmente dal testo: Congregazione di Carità di Teramo -
L'Ospedale Civile di Teramo ha origini antichissime che risalgono al secolo XIV e fors'anche ad epoca anteriore.
Una lapide di marmo murata contro una parete dell'atrio d'ingresso al Manicomio, ne riporta infatti la data di fondazione al 26 febbraio 1323.
NEL XXVIII FEBBRAIO MCCCXXIII BARTOLOMEO ZALFONI Dl TERAMO FONDÒ QUEST'OSPEDALE
Trattasi di quel Bartolomeo Zalfoni, al quale fu diretta la Bolla del Vescovo Arcioni, e che fu il primo ospitalario dell'Ospedale di S. Antonio Abate di Teramo.
Il testo latino di essa è riportato per intero nella storia di Teramo del Can. Nicola Palma, che inizia il Capitolo XX XIX del secondo libro proprio con le seguenti parole: Piacevoli, anzi che no, sono le cose che abbiamo a racchiudere nel presente capitolo, e principalmente la fondazione dell'Ospedale di Teramo, della quale ci piace riportare il privilegio. Segue quindi il testo latino della bolla episcopale, che si deve ritenere il principale e più antico documento di carattere ufficiale pervenuto fino a noi, che si riferisce all'istituzione dell'Ospedale Civile di Teramo. Questo privilegio, fu concesso dal Vescovo Niccolò degli Arcioni, romano, che resse la sede episcopale di Teramo dal 1317 al 1355 e fu Pastore zelantissimo e Principe munifico. Il documento fu redatto dal pubblico e regio Notaro Lorenzo di Nicola Angelo, romano, che vi appose il proprio sigillo notarile in data del 26 febbraio 1323. Usufruendo di alcune sue case in Teramo, coll'aiuto dei lasciti e delle oblazioni dei fedeli e soprattutto dei beni lasciati al pio luogo dalla generosità del più cospicuo benefattore, il defunto canonico aprutino Valentino, lo Zalfoni aveva costruito un novello edificio per l'Ospedale e a questo fu dato il nome di S. Antonio Abate. Esso doveva servire per ricovero di malati e di poveri, acciocchè potessero al presente e in avvenire servire il Signore e pregarlo con maggiore devozione e tranquillità per i benefattori e per la redenzione dei loro peccati. Con umile e pacifica petizione aveva chiesto lo Zalfoni che l'Ospedale fosse esentato da ogni podestà e da qualunque giurisdizione temporale e spirituale del Vescovo per le case e per i beni mobili e immobili presenti e futuri. E l'Arcioni, col consenso del suo Capitolo, concesse di buon grado la richiesta esenzione e riserbò soltanto per sè e per i suoi successori e per il Capitolo, a titolo di censo, l'annua prestazione di un pranzo da offrirsi il giorno di S. Antonio Abate (17 gennaio). Il pranzo doveva consistere in dieci rotoli (o libbre) di carne (porcina) e in una pizza o focaccia per ciascun canonico. Inoltre ai canonici spettava il diritto di scelta e di nomina dell'ospitalario; ma questo, in caso di trascuratezza o di negligenza del Capitolo, poteva essere nominato direttamente dal Vescovo. Invece la nomina del Cappellano non poteva essere fatta dal Capitolo se non dietro designazione dell'Ospitalario e col suo consentimento. Al Cappellano fu assegnata la modesta retribuzione annua di libras decem usualis monete. Le due cariche, di Cappellano e di Ospitalario, dovevano rimanere sempre fra loro distinte; non potevano perciò essere ricoperte dalla stessa persona. All'Ospedale, onde favorirne la vita e lo sviluppo, il Vescovo concesse l’esenzione da ogni legge diocesana e volle che gli fossero destinati tutti i beni e tutte le proprietà presenti e future che per qualunque titolo fossero pervenuti alla sua sede e alla sua chiesa. L'Amministrazione dei beni temporali e spirituali, sempre secondo il privilegio arcioniano, era riservata all'Ospitalario. Ma pare che in seguito il Governo dell'Ospedale fosse passato alle dipendenze del Capitolo Aprutino che vi delegava all'uopo due canonici, come risulta dal testo di una Visita Pastorale del 1583. Questo stato di cose, pur con qualche contrasto e nonostante alcuni tentativi di ingerenze estranee, si mantenne per oltre cinque secoli fino al 1834, allorchè l'Amministrazione dell'Ospedale Civile di Teramo e quella del nuovo Ospedale distrettuale di Penne, passarono alla Commissione di Beneficenza istituita dal Governo borbonico. Altri Ospedali però esistevano a Teramo a quei tempi ed in tempi anteriori. Un antico testamento (conservato nell'archivio comunale di Teramo), avente la data del 26 giugno 1277, riporta che un tale Venuta del fu Nicola Paganelli, da Teramo, legava dei lasciti alle Chiese, agli Ospedali e luoghi poveri; esisteva nel 1316 un Ospedale detto di S. Spirito, come dipendenza del grande Ospedale omonimo di Roma, e ancora l'Ospedale di S. Matteo. Altri Ospedali dunque esistevano in Teramo prima o nello stesso tempo del nostro, ma questo si può dire che abbia effettivamente cominciato a funzionare come tale, con una regolare amministrazione, dopo la concessione della Bolla arcioniana. Col volgere dei secoli l'ospedale di S. Antonio Abate vide moltiplicare le sue rendite per le oblazioni e i lasciti di molti benefattori, accrebbe i locali, migliorò e rinnovò le suppellettili e l'arredamento, allargò la sua benefica sfera d'azione. Oggi più nulla rimane del primitivo modesto edificio zalfoniano, e l'Ospedale, se pur deve ritenersi inadeguato alle esigenze moderne e alla più vasta attività assistenziale, non può, neanche lontanamente paragonarsi con quello che era nel secolo XVI l'umile Ospizio, allogato in poche stanze miseramente mobiliate, così da essere più un ricovero di vecchi e di mendicanti piuttosto che un vero e proprio ospedale. Il Vescovo Ricci si recò a visitarlo nel 1583, con i canonici assistenti, e di questa Visita Pastorale fu redatta una relazione conservata nell'Archivio del Vescovato di Teramo che ci dà un’idea abbastanza esatta delle povere condizioni dell’Ospedale nel secolo XVI. L'edificio di questo era situato allora di fronte alla Chiesa, dall'altro lato della strada pubblica che conduce ad una delle porte della città. (Porta Melatina). L'ingresso era chiuso da un robusto portone di legno. Si entrava in un androne lungo diciannove passi e mezzo e largo coperto a volta e con pavimento a mattoni; ai lati del quale si aprivano due porte. La porta a destra immetteva in una stanza a pianterreno, pure coperta a volta e adibita a magazzeno dell'Ospedale dove ci sono alcune manne di lino, sale, spella e conciatura d'orgio. Da questa prima stanza si passava in una seconda più piccola, coperta a volta come l'altra, con le pareti grezze e con una piccola finestra munita d'inferriata. Essa serviva un tempo per cantina, allora invece era adibita come camera d'alloggio dell'ospitalario. Il Vescovo trovò che la prima stanza difettava di luce per l'angustia della finestra e che era molto umida, perciò dispose per l'allargamento della finestra e per l'apertura di una nuova finestra verso la strada pubblica e di una terza nella parete volta a mezzogiorno. Così pure ordinò che si allargasse la finestruccia della camera dell'ospitalario, fornendola di una inferriata più grande. A sinistra dell'androne si apriva una stanza con camino, che prendeva luce da una bassa finestra difesa da una inferriata e aperta sulla strada. Da questa si passava in un’altra stanza con pavimento di mattoni, coperta dal tetto e non dalla volta e anche essa munita di una finestra con inferriata. Anche qui il Vescovo propose e ordinò modificazioni e riparazioni: aprire una finestra più grande e più lunga, alla moderna, con inferriata pure alla moderna e aggiustare lo camino dove bisogna. Nella seconda stanza, quella coperta dal solo tetto, pare che ci piovesse e che difettasse di luce e di arredamento: anche qui fu disposto che si aprisse un'altra finestra alla moderna, e che per adesso si copra che non ci piova dentro et si provveda che vi siano letti almeno con le sue coperte, sacconi, lenzola et materassi, che ogni letto abbia un pagliariccio, un materasso, duj coperte e duj para di lenzola per letto. C'erano a pianterreno altre due stanze, e in una era scavata nel mezzo, sotto il pavimento, una grande fossa granaria, allora vuota. Questa stanza serviva per cucina dell'ospitalario, mentre attraverso la seconda si passava in un piccolo cortile scoperto con un pozzo di acqua sorgente et buona, e quindi in un orto chiuso e cintato con un melograno, e una vite che fa pergola. Al piano superiore vi erano: una vasta sala lunga tredici passi e larga dieci e poi altre stanze adibite a dormitori per i ricoverati, a granaio, ecc. tutte con pavimento di mattoni, alcune a volte di cannucce, altre coperte dal solo tetto, ma tutte con poche e misere suppellettili. I cessi erano malamente sistemati in una stamberga posta all'estremità dell'edificio, sopra le mura di cinta della città e che si elevava su queste come un torrione. A pianterreno, finalmente, vicino al pozzo, era costruito un piccolo fondaco adibito a magazzeno per l'olio, ma i visitatori non poterono entrarvi perché era chiuso né furono al momento ritrovate le chiavi. Nell'anno 1582 l'incarico era tenuto da Syr Tommaso Cosmos e da Syr Giovanni Forti-
IL NUOVO OSPEDALE VITTORIO EMANUELE III
La trasformazione del servizio sanitario dell'Ospedale Civile di Teramo portò alla nomina di due primari per i reparti distinti di medicina e di chirurgia. Per ovviare all'angustia dei locali insufficienti a contenere il numero sempre più elevato degli infermi, l'Amministrazione nel 1924 allestì in parte ex novo, e in parte utilizzando e modificando i vecchi ambienti, quattro grandi corsie, due per il reparto medico e due per il reparto chirurgico. Ma neanche con gli ultimi adattamenti e con la costruzione delle nuove corsie si era risolto il problema ospitaliero, per il quale occorreva una soluzione radicale che eliminasse gli inconvenienti ancora numerosi e le deficienze del servizio. Il reparto chirurgico, per es., ha dovuto funzionare ed ha funzionato in effetto, grande sacrificio del personale medico e degli infermieri, avendo a disposizione una sola stanza, che serve nello stesso tempo per gli interventi settici, per il pronto soccorso, per le visite di ambulatorio e, in due giorni del mese, anche per lo specialista otorinolaringoiatra. Oltre a questo ed altri inconvenienti restava poi quello gravissimo della promiscuità dei locali col Manicomio, il quale ha raggiunto e superato il numero di ottocento ricoverati. L'ospedale per dirla con una frase felice è a “bagnomaria nel Manicomio”! Non potendo accingersi a costruire il nuovo Manicomio, l'Amministrazione della Congrega di Carità deliberò di costruire un nuovo Ospedale che volle intitolato alla Augusta Maestà del Re Vittorio Emanuele III, del quale ricorreva, in quell'anno, il 25 anniversario dell'assunzione al Trono. Come area edificabile fu scelto ed acquistato un terreno della estensione di circa 10 mila metri quadrati, esposto a mezzogiorno, situato in amena e salubre posizione, quasi alle porte di Teramo. Con un secondo acquisto si completò questa prima area, risultata troppo angusta, aggiungendovi un altro appezzamento contiguo di circa 20 mila metri quadrati. L’area complessiva, colla sua pendenza naturale a mezzogiorno, si è prestata molto bene allo scopo. Il progetto ha disposto i due padiglioni Chirurgico e Medico e quello del Dispensario Antitubercolare distanziati fra loro in modo che uno non faccia ombra al secondo e questo al terzo e che tutti e tre possano sufficientemente usufruire di aria, di sole e di luce. L'orientazione data a questi edifici è quella intermedia, di sud-
IL PADIGLIONE CHIRURGICO E DEI SERVIZI GENERALI
Il padiglione si estende su un fronte di 65 metri e consta di tre piani: seminterrato, piano rialzato e primo piano, più due sopraelevazioni laterali per gli alloggi del personale sanitario e delle Suore. Esso ha una capacità ordinaria di 36 letti, disposti con larghezza di spazio, che può essere portata agevolmente ad oltre 100 letti in caso di necessità. Nel piano seminterrato prendono posto il Gabinetto radiologico e l'Ambulatorio chirurgico col Pronto Soccorso. Nel piano seminterrato, trovano posto anche le cucine e la dispensa viveri, la legnaia, la carbonaia, gli impianti centrali di riscaldamento a termosifone, il serbatoio di acqua potabile con relativo impianto di sollevamento, l'impianto per la produzione dell'acqua calda, i quadri di distribuzione dell'energia elettrica, l'alloggio delle infermiere, il deposito vestiario, due gabinetti di decenza, dei quali uno con bagno per i malati entranti, una camera di smistamento malati, l'ambulatorio per le specialità, il refettorio delle suore, una cappella provvisoria e finalmente il guardaroba e il magazzino della biancheria. Al piano rialzato si succedono nell'ordine la portineria, con il centralino telefonico e il quadro di manovra dell'impianto elettrico d'illuminazione, lo studio dell'Aiuto, una camera per pensionanti di prima classe, una Corsia per pensionati di seconda classe con terrazza, una camera per isolamento e la stanzetta per la Suora del Reparto. A sinistra dell'ingresso, sempre sulla facciata principale, si allineano la saletta di aspetto, il gabinetto da visita e lo studio del Primario. Quindi seguono: una corsia di seconda classe con terrazza, una camera per pensionati di prima classe ed una camera d'isolamento. Sulla facciata secondaria, volta a settentrione, sono state sistemate le stanze da bagno, le cucinette dei reparti con l'impianto del montavivande, i gabinetti di decenza con lavabi e orinatoi, la biblioteca e l'archivio, il laboratorio, lo scalone centrale con l'ascensore per le barelle, la sala di medicazione, la sala di operazioni settiche e le due scale di servizio. Le due corsie principali, con 12 letti ciascuna, una per i malati asettici e l'altra per i settici, sono situate agli estremi del Padiglione; tutto il piano è riservato ai malati uomini, mentre le corsie per le donne e la maggior parte delle camere di prima classe sono state allogate al 1° piano. Al primo piano le camere per i pensionati di prima classe, delle quali le tre centrali usufruiscono della luminosa terrazza posta sopra il portichetto d'ingresso. A destra e a sinistra di questo reparto pensionanti, sono poste le due corsie di seconda classe, le camere di isolamento e quelle per la infermiera della camera operatoria e per la Suora di servizio. Anche in questo piano le corsie principali, con 12 letti ciascuna, una per le malate asettiche l'altra per le settiche, sono allogate agli estremi del fabbricato, mentre sulla facciata secondaria si trovano le cucinette dei reparti con l'impianto del montavivande, i gabinetti di decenza, i bagni per le corsie e per la prima classe, il reparto operatorio, le sale di medicazione, le scale di servizio e lo scalone centrale. Il piano superiore è rappresentato dai due corpi laterali adibiti rispettivamente per alloggio delle suore e dei medici. Ad ognuno di questi alloggi è annesso un gabinetto con bagno, W.C. e lavabo.
IL REPARTO Dl RADIOLOGIA E Dl ELETTROTERAPIA
Il Reparto di Radiologia ed Elettroterapia è alloggiato in sei ambienti, al piano seminterrato, con ingresso esterno. Subito dopo l'ingresso, a sinistra del corridoio, si allineano tre stanze: di cui la prima è la più vasta e serve come sala d'aspetto, la seconda come sala di terapia fisica e la terza, più piccola, come gabinetto fotografico per lo sviluppo delle pellicole. La sala di Terapia fisica, divisa in tre piccoli reparti da cortinaggi di stoffa, è fornita dell'apparecchio diatermico, della lampada a Raggi Ultravioletti, della lampada Sollux per raggi infrarossi e di un apparecchio Pantelettrogeno per correnti elettriche galvanica e faradica e per endoscopia. Nel gabinetto fotografico sono convenientemente sistemate le bacinelle verticali per lo sviluppo delle pellicole, la vasca per il lavaggio rapido di queste e un apparecchio per la riduzione su carta dei radiogrammi. Di fronte alla camera oscura sono collocati i tre ambienti per la Rôntgendiagnostica e per la Rônfgenterapia. La cameretta centrale è una specie di cabina dove sono installati i due trasformatori di alta tensione. I generatori sono separati da una vetrina, al di fuori della quale prendono posto i due tavoli di comando degli apparecchi stessi. Una porta piombata e scorrevole su guida metallica, munita di un finestrino con vetro anti-
IL REPARTO OPERATORIO
Il reparto operatorio consta di cinque vani, di cui uno costituisce un anticamera che separa la sala operatoria dal corridoio del Padiglione, e dà a destra accesso alla camera di preparazione dell'operando e della narcosi, a sinistra alla camera di preparazione dei chirurghi, dove sono tre lavabi di maiolica provvisti di acqua calda e acqua fredda e di rubinetti manovrabili col gomito e col ginocchio. Dalla camera di preparazione del malato e da quella di preparazione dei sanitari, si accede alla sala operatoria per due porte laterali, mentre una porta centrale nella parete divisoria con l'anticamera mette in diretta comunicazione questa con la sala operatoria; con questa disposizione di aperture si evita, durante le sedute operatorie ordinarie, l'inconveniente dell'incontro del malato che entra per essere sottoposto all'operazione, con quello che esce già operato. Alla camera di preparazione dei sanitari segue, e comunica con essa ampiamente, la camera di sterilizzazione del materiale occorrente per le operazioni e dei ferri chirurgici. L'arredamento di questo ambiente venne affidata alla Ditta Schaerer S. A. di Berna, nota in tutto il mondo come casa specializzata in tali costruzioni. A ridosso della parete divisoria con la camera di operazione, sono collocati: 1) Un grande autoclave a doppia parete verticale, con pompa aspiratrice: pressione di lavoro 2,5 atm. temp. di steriliz. 138°c.; collegato con tubi di rame nichelato, e due apparecchi della capacità di 75 litri ciascuno, per la conservazione dell'acqua sterilizzata fredda e calda, che viene condotta direttamente nella sala di operazione e qui erogata per mezzo di due rubinetti con campana di protezione; 2) A destra dell'autoclave, sopra un piedistallo in muratura, con piano di marmo, una sterilizzatrice rettangolare per i ferri chirurgici; essa possiede un sistema di raffreddamento marginale per evitare che i vapori, che si svolgono durante la ebollizione, si diffondano nell'ambiente, e uno speciale dispositivo a pedale che consente di aprire il coperchio stando nella camera di operazione. ln corrispondenza della sterilizzatrice degli istrumenti è praticata una finestra di comunicazione con la sala operatoria, finestra che può essere aperta o chiusa mediante un quadro di cristallo, che si alza e si abbassa a ghigliottina. In tal modo, l’infermiera che sta ai ferri può, dalla sala operatoria stessa, aprire, col pedale, il coperchio della ebollitrice dei ferri, e, attraverso la suddetta finestra, ritirare direttamente dalla ebollitrice gli strumenti sterilizzati, occorrenti per l'operazione. Il suo pavimento è, come quello di tutti gli ambienti dell'ospedale, in gettata alla veneziana con guscio concavo agli angoli di incontro con le pareti; queste fino all'altezza di due metri sono rivestite di uno strato spesso di marmo-
Decreto che prescrive lo stabilimento di due Ospedali nell’Abruzzo Napoli 26 Ottobre 1631.
FERDINANDO II PER LA GRAZIA Dl DIO, RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE Ecc. Ecc. decretiamo quanto segue:
Art. 1 Saranno stabiliti nella Provincia d’Abruzzo ulteriori due Ospedali, uno nel Comune di Teramo e l'altro in quello di Penne, riattandosi i locali che esistono. La dotazione di ciascun Ospedale sarà di ducati milletrentadue l'anno per ognuno, onde mantenersi quindici piazze di ammalali poveri dei rispettivi distretti.
Art. 2 I fondi di dotazione verranno prelevati con un ratizzo sulle rendite dei luoghi Pii dei propri distretti e di un supplemento dal ratizzo di ducati quattrocento raffo per l' Ospizio di S. Antonio Abate di Teramo fino alla quantità necessaria. Le spese di riduzione dei locali e di primo Stabilimento, verranno eseguite sulla rendita di un’annata con la prudenza ed economia del consiglio degli Ospizi.
Art. 3 Il nostro Ministro Segretario di Stato degli affari inferni, è incaricato dell'esecuzione del presente decreto.
Statuto organico Ospedale Civile di S. Antonio Abate del 20 giugno 1900
Art. 1 L’Ospedale Civile di S. Antonio Abate trae origine dal lascito Zalfoni come dalla Bolla del Vescovo di Teramo Nicolò Arcioni del 1323 e si sostiene con le rendite proprie, col ratizzo provinciale stabilito col R. Decreto 26 ottobre 1831, n. 396. Ha sede nel Comune di Teramo ed è amministrato dalla Congregazione di Carità.
Art. 2 Ha per iscopo di curare tutte le malattie acute e le croniche guaribili comprese le mentali per le quali ha una speciale sezione. Sono escluse le malattie croniche incurabili.
Art. 3 Ha inoltre un Ospizio sito nel Comune di Giulianova per la cura di malati scrofolosi e rachitici.
Art. 4 L' Ospedale avrà reparti separati per gli uomini e per le donne, così pure l'Ospizio Marino.
Art. 5 Nell'Ospedale si ricevono a cura gratuita, nei limiti dei propri mezzi, gli ammalati poveri del Circondario di Teramo.
Art. 6 Il numero dei letti viene stabilito dalla Congregazione di Carità in base alle rendite dell'Ospedale ed agli altri proventi.
Art. 7 Potranno essere ammessi nell'Ospedale anche malati non poveri purché paghino le rette stabilite dal Regolamento interno. Saranno ricevuti i malati di tubercolosi polmonare in un apposito locale che sarà all'uopo costruito.
Art. 8 a curare gli infermi sarà nominato per la Sezione Manicomio un medico Direttore ed un medico assistente e per la Sezione Ospedale un medico chirurgo Direttore e due medici chirurghi assistenti. Ad ogni vacanza dei direttori e degli assistenti il Presidente della Congregazione provvederà coi concorsi per la nomina o per chiamata di persone di meriti elevati. Il passaggio di classe si verifica dopo sei anni di lodevole e non interrotto servizio. E’ permesso ai giovani medici di frequentare le sale dell'Ospedale dietro autorizzazione data dal Presidente della Congregazione, inteso il parere dei rispettivi direttori. Vi sarà pure un farmacista patentato. Gli obblighi e i doveri di ciascuno non che gli stipendi saranno determinati dal Regolamento interno, come pure la cauzione che deve prestarsi dal farmacista.
Art. 9 Gli infermi di malattia mentale si ricevono solo a pagamento la cui obbligazione dovrà essere assunta da chi vi è tenuto per legge.
Art. 10. Per essere ammesso nella Sezione Ospedale l'infermo dovrà presentare domanda corredata dal certificato medico, indicante la malattia da cui è affetto e dal certificato di povertà rilasciato dalla autorità competente.
Art. 11 Un medico della sala esaminerà i certificati e visiterà l'infermo rilasciando analoga dichiarazione per l'ammissione dell'infermo stesso nell' Ospedale.
Art. 12 La Congregazione di Carità eserciterà la sorveglianza dell'Ospedale.
Art. 13 Spetta alla Congregazione di Carità nominare i sanitari, gli ecclesiastici, addetti all'assistenza degli infermi, gli inservienti e di provvedere per le punizioni.
Art. 14 All'assistenza degli ammalati saranno pure chiamate le Figlie della Carità nel numero che si crederà necessario per le diverse Sezioni. Esse sorveglieranno l'adempimento di tutte le prescrizioni mediche e si presteranno alla cura dei ricoverati.
Art. 15 I farmaci saranno forniti dalla Congregazione di Carità, o mediante la farmacia propria o per l'appalto, nel caso venisse chiusa pure la farmacia dell'Ospedale.
Art. 16 La Congregazione provvede al servizio sanitario e, sentiti i Direttori della Sezione, dividerà gli infermi per comparti di malattie speciali e di malattie comuni, assegnando a ciascun comparto il personale medico chirurgico.
Art. 17. Tutto il personale addetto all'Ospedale dipende dalla Congregazione di Carità.
Teramo, 20 giugno 1900